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OSSIDAZIONE


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

In chimica, si dice che un elemento subisce ossidazione quando subisce una sottrazione di elettroni, che si traduce nell'aumento del suo numero di ossidazione.

Tale sottrazione di elettroni può avvenire ad opera di un altro elemento, che subisce così il complementare processo di riduzione, o per applicazione di una corrente continua di segno positivo, come nell'elettrolisi.

Ogni ossidazione avviene contemporaneamente ad una riduzione in un processo che prende il nome generico di ossido-riduzione, spesso abbreviato in redox.

Il nome ossidazione è stato inizialmente applicato alla reazione tra un metallo che si combina con l'ossigeno per dare il corrispondente ossido. Essendo l'ossigeno più elettronegativo di qualsiasi metallo, è quest'ultimo a subire una sottrazione di elettroni.

Ad ogni reazione di ossidazione è associato un potenziale elettrico che corrisponde al potenziale della reazione inversa, di riduzione, cambiato di segno.

Le sostanze che hanno la capacità di ossidare altre sostanze vengono dette ossidative e sono note con il nome di agenti ossidanti. Essi sottraggono elettroni alle altre sostanze e per questo motivo, poiché in pratica accettano elettroni sono anche chiamate accettatori di elettroni.

Gli ossidanti sono generalmente sostanze chimiche che possiedono elementi ad alto numero di ossidazione (ad esempio il perossido di idrogeno, il permanganato o l'anidride cromica) o sostanze altamente elettronegative, quali l'ossigeno, fluoro, cloro o il bromo, capaci di sottrarre uno o due elettroni ad altre sostanze.

L'ossidazione può essere porosa (il processo è continuo) o compatta (come nel rame in cui si forma una patina di protezione per il materiale stesso, nel caso del rame si chiama verderame).

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OSSIDO DI ALLUMINIO


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


L' ossido di alluminio (o allumína) è l'ossido ceramico dell'alluminio caratterizzato da formula chimica Al2O3. Questo materiale, all'apparenza molto fragile e poco utilizzabile, nasconde proprietà interessanti in campo industriale, quali la resistenza agli acidi e la conducibilità termica. Viene utilizzata in moltissimi campi, quali l'elettronica e la meccanica, oltre ad essere usata nella biomedica come materiale di innesto. È la base di alcuni minerali come rubino e zaffiro, che si differenziano a seconda delle impurezze metalliche presenti nel reticolo cristallino.

A temperatura ambiente si presenta come un solido bianco inodore.

Dal punto di vista elettrico è un isolante. Viene utilizzato nella crescita epitassiale di dispositivi elettronici come substrato, considerando il buon matching reticolare che consente con alcuni dei semiconduttori più utilizzati.

La forma stabile di Al2O3, α-allumína, è un materiale durissimo e refrattario. Nella forma minerale è nota come corindone e, fra le pietre preziose, come zaffiro. La colorazione azzurra di quest'ultimo si deve ad una transizione di trasferimento di carica dall'impurezza Fe2+ a quella Ti4+.

Il rubino è allumína α nella quale una minuscola percentuale di Al3+ è sostituita da Cr3+. Il Cr(III) assume una colorazione rossa, dovuta alle transizioni elettroniche degli elettroni presenti negli orbitali d-d dello ione cromo.

L'allumína viene comunemente ricavata industrialmente tramite il processo Bayer a partire dal minerale bauxite. In questo modo è possibile ottenere alluminio riducendo l'allumína con coke in un altoforno.


Proprietà chimico-fisiche


I campi di utilizzo dell'allumína sono molteplici, grazie ad una serie di proprietà chimico-fisiche che rendono tale materiale adatto per svariate applicazioni. Le caratteristiche principali dell'allumína sono:

buona stabilità termica;
buona resistenza alla corrosione sia in ambienti acidi che in ambienti alcalini;
materiale non soggetto al fenomeno di ossidazione;
ottime proprietà dielettriche (può essere utilizzato come isolante elettrico);
ottimo grado di durezza: tale materiale è prossimo al diamante, l'allumina ha una durezza di Vickers di 18000 MPa, mentre un acciaio rapido è di soli 9000 MPa;
ottima resistenza all'usura: la durata di un componente costituito da questo materiale ceramico è superiore di circa 10-13 volte (nelle stesse condizioni di impiego) rispetto ad uno stesso componente realizzato in acciaio;
elevata area superficiale interna: nelle forme micro e nanoporose tale materiale raggiunge valori di aree superficiali di 300 m2/g;
eccellente biocompatibilità: l'allumína viene impiegata per applicazioni biomedicali in quanto, oltre alle proprietà sopraccitate, tale ceramica non presenta il fenomeno del rigetto quando è a contatto con i tessuti viventi.
Tra le caratteristiche negative sono una non elevata resistenza meccanica ed una bassa resistenza agli shock termici.

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OSSIDO DI ZIRCONIO


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

L' ossido di zirconio o "zirconia" è l'ossido dello zirconio.

A temperatura ambiente si presenta come un polvere bianca inodore. È una sostanza cristallina polimirfa. Fino a 1170°C presenta struttura cristallina monoclina. Da 1170°C a 2370°C presenta struttura cristallina tetragonale. Oltre 2370°C presenta struttura cristallina cubica. Il punto di fusione è 2720°C. Durante il riscaldamento la trasformazione dalla struttura monoclina alla struttura tetragonale avviene con una contrazione volumetrica di circa il 5%. Durante il raffreddamento la trasformazione inversa dalla struttura tetragonale alla struttura monoclina è di tipo martensitico ed avviene con una espansione volumetrica. La ZIRCONIA in Odontoiatria: Nel 1998 con i primi studi effettuati nella clinica odontoiatrica dell'universita' di Zurigo vennero utilizzate delle corone e ponti in ossido di zirconio prodotte con il sistema DCM che dimostrarono da subito una elevata e straordinaria resistenza alla rottura. La Degussa Dental (oggi Degudent azienda del gruppo DENTSPLY)ha acquisito nel 1990 i diritti del sistema DCM sviluppando il sistema CAD-CAM CERCON in uso con successo nei più prestigiosi laboratori al mondo. Visto il suo elevato grado di biocompatibilità e leggerezza sta divenendo oggi il materiale d'eccellenza nella realizzazione di restauri dentali di alta qualita'.Lo si può utilizzare in questo campo grazie alla innovativa tecnologia CAD/CAM fresando blocchi di ossido di zirconio presinterizzato ad uno stato di consistenza morbida e di buona lavorabilita'denominato Y-TZP.Dopo la fresatura del materiale morbido avviene la sinterizzazione a 1350°C per circa 6/7 ore la zirconia diventa stabile e con caratteristiche meccaniche eccellenti e potra' essere utilizzata come supporto per la ceramica dentale. Tra i pregi della ZIRCONIA,in luogo delle leghe dentali va menzionato il fattore estetico non raggiungibile dai metalli, in termini di traslucenza, estetica, compatibilita'biologica e stabilita'ionica, nonché il peso specifico ridotto. Altro grande pregio è la durezza, ma soprattutto la resistenza alla flessione1.320 MPa, che permette di apportare spessori di ceramica che arrivano sino a meno di due millimetri e di costruire ponti estesi anche con più elementi mancanti dato che la struttura cristallina non subisce nessun movimento sottoposto a temperature di ceramizzazione.

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PALLINATURA


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La pallinatura (chiamata anche con la denominazione anglofona shot peening) è un'operazione che consiste nel martellamento superficiale eseguito a freddo mediante un violento getto di pallini sferici, oppure di cilindretti ottenuti tagliando un filo (chiamati cut-wire).
Le macchine che eseguono detto trattamento, le pallinatrici, proiettano il getto verso i pezzi da lavorare tramite una o più giranti centrifughe in rapida rotazione oppure tramite aria compressa, in ogni caso i materiali utilizzati per la graniglia possono essere ghisa, acciaio, vetro e più raramente, ceramica.

Utilizzo
I pezzi che si possono sottoporre al processo sono prevalentemente organi metallici quali ad esempio molle o bielle, ma anche eccezionalmente pezzi in bronzo, ottone, Titanio, Alluminio e varie leghe; tuttavia il campo dove la pallinatura riveste un ruolo principale è sicuramente quello aerospaziale e automobilistico.


Effetti
Tale edificio (un memorial statunitense) mostra come le lastre di alluminio pallinaturate (a destra) abbiano colori e riflessi simili a quelli della pietra bianca (a sinistra)La pallinatura in altre parole provoca una compressione superficiale, in quanto il suo getto induce una deformazione plastica che si propaga fino ad alcuni decimi di millimetro nel materiale considerato e tecnicamente essa serve a migliorare la distribuzione delle tensioni superficiali, aumentando la resistenza a fatica del pezzo trattato.
Più precisamente produce delle tensioni residue a compressione nella superficie del materiale e negli strati sottostanti che riescono a diminuire le tensioni interne allorché il pezzo è sottoposto a sollecitazioni e il materiale è reso in tal modo più resistente alle sollecitazioni a fatica, la durezza se varia ha variazioni non rilevabili nei campi di applicabilità con metodo HRC, per acciai legati e leghe a base nikel.

Alla fine del trattamento, a causa delle microcavità che si generano e che si sovrappongono l'una con l'altra, si ha come effetto secondario anche un affievolimento della quantità di luce riflessa sul materiale, ovverosia una specie di satinatura, ad esempio i fogli di alluminio trattati in questo modo assomigliano alla pietra bianca e sono ampiamente utilizzati in alcuni edifici.

Tale trattamento, insomma, per quanto riguarda le modalità di esecuzione assomiglia alla sabbiatura, mentre per lo scopo che si prefigge è più simile alla rullatura, operando più sulla plasticità che sull'abrasione.

L’effetto finale della pallinatura dipende dalla durezza, dalla dimensione dei pallini, dalla portata, dalla velocità e dall’angolo di impatto del getto, dalla distanza del pezzo dal getto e dall’intensità (misurata in gradi Almen).

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RETTIFICA


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La rettifica è quella procedura eseguita con una macchina chiamata Rettificatrice, che ha come utensile una mola a grana fine ed estremamente dura. La rettifica serve per portare un qualsiasi componente nello stato di forma o superficie ottimale di progetto; questa operazione segue infatti la sgrossatura. Mentre la sgrossatura toglie il grosso dei residui, la rettifica fa sì che tutti i residui o il materiale in eccesso vengano eliminati garantendo alla superficie lavorata un alto grado di finitura.

È un'operazione costosa, quindi va eseguita solo dove è necessario un alto grado di finitura, come sedi di cuscinetti, profili di ingranaggi ecc...


Rettificatrici in tondo

Sono utilizzate per la lavorazione di superfici cilindriche, coniche o sagomate. Può essere eseguita sia su superfici esterne che interne.

La rettifica in tondo si esegue montando il pezzo su un mandrino, che ruota lentamente nello stesso senso della mola. Inoltre il mandrino esegue anche il moto di traslazione (alimentazione assiale).

La mola ruota velocemente e asporta il materiale.

Un esempio di applicazione di questo tipo di lavorazione per asportazione di truciolo è la rettificatrice per alberi a gomito. L'albero a gomito è, tra le superfici cilindriche, la più complessa da lavorare per la sua particolare forma: i produttori di alberi a gomito nonché le officine di revisione dei motori utilizzato questo tipo di macchine per lavorare sia le bronzine di banco che i colletti dell'albero a gomito. Nella foto qui sotto si può vedere un esempio di questa applicazione

Rettificatrici Senza centri


Sono utilizzate per la lavorazione di pezzi lunghi, sottili e piccoli, quindi inadatti a essere bloccati tra mandrino e contropunta.

In questo procedimento il pezzo si trova tra due mole rotanti nella stessa direzione:

Mola operatrice, grande, ruota velocemente e ha il compito di eseguire la rettifica della superficie.
Mola di trascinamento, più piccola, gira lentamente e ha il compito di ruotare il pezzo e premerlo contro la mola operatrice.
È presente anche una lama che sostiene il pezzo durante la lavorazione
Rettificatrici per piani Servono a lavorare superfici piane.

Si dividono in 2 categorie in base alla posizione della mola:

Rettificatrice tangenziale


Rettificatrice frontale Nella rettifica tangenziale l'albero portamola è parallelo al piano che viene lavorato dalla superficie cilindrica della mola.

Nella rettifica frontale l'albero è perpendicolare al piano che viene lavorato frontalmente dalla mola.
Esempi di lavorazioni di rettifica
La rettifica dei denti degli ingranaggi è un processo di finitura superficiale che avviene dopo il trattamento termico degli stessi, in genere carbocementazione. Con questo procedimento si riesce a portare il dente ad una condizione di profilo ottimale, cioè ad evolvente, annullando le inevitabili deformazioni subite dall'ingranaggio dopo il trattamento termico che determinerebbero un funzionamento rumoroso e un dente soggetto più facilmente alla rottura.
In genere si asporta un strato proporzionale alla grandezza del dente, pari al modulo, ma comunque tale da non annullare i benefici indotti dal trattamento, cioè la formazione di una pelle superficiale di alcuni decimi, che presenta una durezza e una tensione superficiale di compressione che sfavorisce la nascita di cricche e aumenta la resistenza a rottura. Allo scopo si adottano mole formate da agglomerati durissimi e con inclusioni vetrose. Il profilo della mola viene rinnovato ciclicamente durante la lavorazione mediante un rullo diamantatore che ripristina la condizione ottimale della mola.

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RUGGINE

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La ruggine o ossido di ferro è un idrossido formato da ferro ed ossigeno. Si tratta di un prodotto generato da una forma di corrosione, laddove l'ossidazione del ferro avviene grazie alla presenza di acqua, la quale mette a disposizione parte dell'ossigeno necessario alla reazione chimica.

Vi sono diverse forme di ruggine, alla quale corrispondono diverse reazioni (indicate dalla freccia) ed altrettante formule chimiche:

2Fe + O2 + 2H2O → 2Fe(OH)2
4Fe + 3O2 + 6H2O → 4Fe(OH)3
4Fe + 3O2 + 2H2O → 2Fe2O3•H2O
6Fe + 4O2 → 2Fe3O4
Può essere eliminata tramite spazzole o agenti chimici. Viene utilizzato per colorare il vetro di verde-azzurro.

 

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RUGOSITA'

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La rugosità è una proprietà della superficie di un corpo, costituita da microimperfezioni geometriche normalmente presenti sulla superficie o anche risultanti da lavorazioni meccaniche; tali imperfezioni si presentano generalmente in forma di solchi o scalfitture, di forma, profondità e direzione variabile.

La rugosità di una superficie può essere misurata mediante strumenti denominati rugosimetri. Il procedimento di misura della rugosità consiste nella registrazione del profilo della superficie ottenuto lungo una determinata linea di misura (o di scansione); tale profilo viene poi analizzato definendo un parametro numerico che costituisce la misura della rugosità. Parte fondamentale del processo di calcolo dei vari parametri di rugosità è l'operazione di filtraggio che consente di ottenere una misura della sola qualità della superficie, depurata dagli effetti che gli errori di geometria del pezzo hanno sul profilo misurato.

La misura della rugosità Ra, espressa in micron, è il valore medio aritmetico degli scostamenti del profilo reale della superficie rispetto alla linea media. Tale misura è riferita ad una lunghezza di base l del profilo analizzato per evitare l'influenza di altri tipi di irregolarità.

Il valore Ra non è però sufficiente per definire completamente le caratteristiche morfologiche della superficie, in quanto profili dagli andamenti differenti dallo stesso scostamento medio aritmetico presenteranno lo stesso valore di Ra; per tale motivo si sono introdotti altri paramenti, come Rq, media quadratica degli scostamenti dei punti del profilo dalla linea media; tale parametro, essendo una media quadratica è più sensibile ai bruschi scostamenti del profilo da un andamento regolare ed è in generale maggiore rispetto al valore Ra.

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SABBIATURA


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La sabbiaturfresaturam meccanico con il quale si erode la superficie di un prodotto tramite l’abrasione dovuta ad un getto di sabbia ed aria. L'impiego di gran lunga più frequente è quello per la pulizia superficiale di materiali, tuttavia può essere usata anche per l'incisione di iscrizioni ed immagini su marmo e pietre.

Descrizione
In campo meccanico la sabbiatura è un procedimento intermedio al ciclo di lavorazione del prodotto, solo raramente viene effettuato come operazione finale. Lo strato asportato può essere ossido, vernice, calcificazioni, un rivestimento galvanico o plastico, ecc. Al termine dell’operazione il materiale sottostante allo strato rimosso risulta completamente scoperto e con rugosità dipendente dalla grandezza della graniglia utilizzata e dalla pressione del getto, ma comunque molto accentuata in confronto ai valori tipici delle lavorazioni meccaniche. La sabbiatura risulta quindi uno dei procedimenti preferiti per preparare il pezzo alla successiva verniciatura. La sabbiatura viene effettuata tipicamente su acciaio, ghisa, leghe metalliche in genere, legname, ceramiche, pietre e marmi; sia per impiego industriale meccanico che edilizio. La sabbiatura è utilizzata anche per la distruzione dei dati contenuti negli hard disk o nei CD-ROM. Si tratta di uno dei metodi più sicuri per evitare che particolari programmi possano recuperare i dati dal supporto danneggiato. Dopo aver terminato le registrazioni contabili delle transazioni eseguite, le banche effettuano periodicamente una sabbiatura dei CD che memorizzano le transazioni finanziarie.

Il singolo pezzo non ha bisogno alcuna preparazione particolare per subire la sabbiatura, mentre componenti già assemblate potrebbero dover essere smontate per consentire di ripulire anche le superfici altrimenti non raggiungibili.

Una volta ben fissato (per evitare che si sposti sotto la spinta del getto) il pezzo può essere sabbiato.
Direzionando il getto verso il pezzo e con passate uniformi, ilelettroerosionsce la superficie dalle impurità e dagli strati indesiderati, fino a conclusione dell’operazione, quando tutta la superficie da trattare è stata completamente ripulita.
Terminata la lavorazione di un oggetto si può passare immediatamente alla lavorazione di un successivo.

Durante la sabbiatura, il singolo granello di sabbia (o comunque di abrasivo) viene proiettato ad alta velocità sulla superficie da pulire. Nonostante la pressione del getto d’aria che trasporta il granello non sia particolarmente elevata, le piccole dimensioni del granello aumentano la pressione specifica sul punto d’impatto, staccando lo strato che si vuole rimuovere e riducendolo in polvere. A questo punto il granello, deviato dall’impatto, si allontana dall’oggetto sabbiato in uno o più pezzi. La graniglia usata viene spesso smaltita, ma alcuni impianti fissi sono in grado di raccoglierla e riutilizzarla (cosa non sempre possibile e/o conveniente).

Può capitare che lamiere sottili si deformino durante la sabbiatura. Questo è dovuto alla concentrazione della pressione ed al (minimo) aumento di temperatura dell'oggetto durante la sabbiatura.

Data l’elevata portata del getto di aria e sabbia, la produzione di polvere è molto alta; spesso è tale da creare una cortina che impedisce al sabbiatore di vedere il pezzo in lavorazione.

comparazione di sabbiatura di uno stesso soffitto in pianelle e travetti, eseguita prima ad acqua (sopra) e poi a secco (sotto) con impianto si aspirazione e decantazione delle polveri. Si noti la diversità di uniformità del risultato.per ovviare a questo problema si può:

creare una corrente d’aria che allontani la polvere dal sabbiatore;
utilizzare la sabbiatura ad acqua: in tal caso si circonda il getto di aria/sabbia con un getto d'acqua, oppure si trasporta la sabbia non tramite aria ma tramite acqua (in modo concettualmente simile al taglio waterjet usato per le lamiere. Questo metodo ha tuttavia molti svantaggi:
necessita di una linea di approvvigionamento dell’acqua corrente;
richiede uno scarico per l’acqua che si raccoglie sul pavimento;
sommerge l’area (o la stanza) dove si sta sabbiando di fanghiglia, che quasi sempre dovrà essere rimossa;
sporca la superficie trattata della stessa fanghiglia, impedendo al sabbiatore di avere la piena percezione delle zone trattate e di quelle ancora da trattare;
se l’oggetto sabbiato è di metallo, il contatto con l’acqua riattiva immediatamente la sua ossidazione (già molto rapida in aria per gli oggetti di ghisa sabbiata);
utilizzare un impianto di aspirazione e decantazione delle polveri: risolve tutti i problemi della sabbiatura ad acqua, ma necessita di apparecchiature appositamente costruite e piuttosto voluminose. Pur offrendo notevoli vantaggi, è ancora scarsamente diffuso nel campo della sabbiatura civile ed è più frequente nelle sabbiature leggere per la meccanica industriale.
Terminata la sabbiatura il pezzo deve essere ripulito dalla polvere (o eventualmente dal fango) prima di essere ricoperto. Per materiali metallici particolarmente sensibili all’ossidazione (come la ghisa) è opportuno provvedere al rivestimento superficiale prima possibile.

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SALDATURA

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La saldatura è un procedimento che permette il collegamento permanente di parti solide tra loro e che realizza la continuità del materiale ove essa venga applicata. La saldatura nella sua accezione più comune presuppone l'apporto di calore localizzato tale da permettere la fusione del materiale. Tale materiale può essere il materiale componente le parti stesse che che vengono unite, ma può essere anche un materiale estraneo ad esse, detto materiale di apporto: nel primo caso si parla di saldatura autogena nel secondo di saldatura eterogena o brasatura. La saldatura realizza un collegamento permanente che si differenzia da altri collegamenti permanenti (ad esempio chiodatura o incollatura) che non realizzano la continuità del materiale. Con alcuni processi di saldatura autogena, qualora eseguita correttamente e secondo certi principi, viene garantita anche una continuità quasi totale nelle caratteristiche stesse del materiale delle parti unite.

Nella sua accezione più ampia la saldatura si riferisce all'unione mediante apporto di calore di diversi materiali tra loro, o con materiali simili, dato che si effettua comunemente ad esempio la saldatura di materie plastiche. Anche il vetro può essere "saldato". Ma la saldatura per antonomasia avviene tra metalli, ed è quella che tratteremo in questa sede.


Sviluppo della saldatura
Saldatura circonferenziale su un tubo (si nota la zona termicamente alterata con colorazione diversa del metallo)


Fin dal Medio Evo si univano parti in ferro riscaldandole al calor giallo-bianco sulla forgia e successivamente martellandole fino a renderle omogenee. Tuttavia, per avere dei procedimenti di saldatura con caratteristiche omogenee e riproducibili, fu necessario arrivare al 1901 con la saldatura ossiacetilenica, in cui si univano le parti per fusione dei lembi. In questo procedimento di saldatura l'energia necessaria alla fusione dei pezzi era fornita dalla combustione di un gas (nel caso specifico acetilene) con ossigeno puro. Raggiungendo temperature sufficientemente elevate (e superiori alla temperatura di fusione del ferro) non era più necessaria l'operazione di martellatura per unire i pezzi, a tutto vantaggio della semplicità e della ripetibilità dell'operazione.

Agli inizi del XX secolo si svilupparono generatori elettrici sufficientemente potenti per generare un arco avente una potenza sufficiente alla fusione del ferro. Il primo procedimento di saldatura che fu sviluppato utilizzando l'energia dell'arco elettrico fu il procedimento ad elettrodo non protetto, attualmente completamente abbandonato a favore del procedimento a elettrodo rivestito, in cui il rivestimento svolge tutta una serie di funzioni fondamentali per la produzione di un giunto di buone caratteristiche. A tutt'oggi (2006) la saldatura a elettrodo rivestito è il procedimento più diffuso nel mondo.

Nel 1925 veniva messo a punto il procedimento di saldatura a resistenza, oggi utilizzato ampiamente in ambito industriale per produzioni di grande serie.

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale fu sentita l'esigenza di produrre giunti saldati di buona qualità con una produttività molto maggiore di quella che poteva essere data dall'elettrodo rivestito, quindi negli Stati Uniti fu iniziato lo studio dei procedimenti a filo continuo, ed in particolare dell'arco sommerso, che permetteva una produttività ed una riproducibilità assolutamente maggiori di quelle dei procedimenti ad elettrodo rivestito.

Nel dopoguerra furono sviluppati (anni cinquanta) i procedimenti MIG e MAG per avere una produttività confrontabile con quella dell'arco sommerso, pur con una maggiore flessibilità di impiego. In parallelo fu sviluppato il procedimento TIG, che permetteva un controllo molto preciso delle caratteristiche della saldatura ed una lavorazione continua, che non era permessa dall'elettrodo rivestito.

Infine negli anni settanta furono sviluppati i procedimenti ad energia concentrata, cioè electron beam e laser, che permettono di limitare la zona di materiale modificata dalla saldatura.

Attualmente sono in corso studi per la saldatura per diffusione, in cui non si porta a fusione il materiale da saldare, ma si sottopone a pressione ad una temperatura sufficientemente elevata perché gli atomi del reticolo cristallino diffondano attraverso la superficie di separazione dei pezzi, in modo da realizzare giunti a temperature relativamente basse.


Applicazioni principali della saldatura
La saldatura è utilizzata principalmente per la costruzione di recipienti sottoposti a sforzi significativi (principalmente dovuti a pressione) (caldareria) o per costruzione di strutture di supporto più o meno complesse (carpenteria). Fuori da queste due applicazioni, che già coprono un'area estremamente vasta di impieghi, la saldatura è utilizzata nella costruzione di veicoli, sia marittimi, sia aerei sia terrestri. Lo sviluppo iniziale della saldatura venne proprio da questo campo di applicazioni, in particolare dalla necessità delle costruzioni navali, che richiedevano la giunzione di lamiere di spessore eccessivo per le chiodature con una notevole resistenza ed un peso, per quanto possibile, limitato.

La caratteristica principale della saldatura è di creare strutture monolitiche, cioè strutture che non presentano discontinuità di caratteristiche in presenza dei giunti. Questa particolarità della saldatura è di notevole importanza sia quando è richiesta una resistenza meccanica uniforme sia quando è richiesta una resistenza uniforme ad aggressioni esterne (per esempio alla corrosione). Date queste caratteristiche, la saldatura ha applicazioni notevoli in diversi campi dell'ingegneria:

Ingegneria meccanica: costruzione di strutture meccaniche di forma complessa e sottoposte a sforzi significativi
Ingegneria civile: costruzione di strutture metalliche di supporto a edifici o ponti
Ingegneria chimica: costruzione di recipienti (a pressione o meno), di casse di pompe, di casse di valvole e di reti di tubazioni
Ingegneria nucleare: recipienti a pressione per reattori, tubazioni, strutture di sicurezza e contenimento
Ingegneria dei trasporti: costruzione di veicoli terrestri e navali
Ingegneria aeronautica: strutture portanti per aeromobili
Vi sono comunque dei casi particolari in cui la saldatura viene utilizzata per unioni "parzialmente" continue come nel caso della "puntatura" (vedi sez. nel prosieguo).


Il processo di saldatura

Ogni tipo di saldatura avviene mediante procedimenti differenti e macchinari specifici. Si può comunque decrivere un procedimento generico che accomuna i diversi processi di saldatura.

Per realizzare una saldatura di due parti è necessario anzitutto preparare i due lembi del giunto mediante quella che viene definita cianfrinatura. Quindi il giunto viene scaldato a diverse temperature a seconda del processo impiegato.

Quando il giunto viene riscaldato fino a fondere unendo così i lembi col materiale stesso del giunto o con l'aiuto di un materiale di apporto ad esso omogeneo si parla di saldatura autogena. Se invece una volta riscaldato il giunto al di sotto della temperatura di fusione viene fuso su di esso un materiale di apporto ad esso eterogeneo e con punto difusione più basso si parla di saldatura eterogena o brasatura.

Il calore necessario all'attuazione del processo viene ottenuto con diversi sistemi:

- Una fiamma prodotta per combustione di un gas con aria o ossigeno.
- Un arco elettrico che viene formato tra due elettrodi (uno di essi può essere il pezzo stesso).
- Resistenza elettrica ottenuta per effetto Joule al passaggio di una corrente attraverso i pezzi da saldare.
- Laser ad elevata potenza o altri sistemi di apporto di energia non da fiamma.
Per ottenere una saldatura resistente, tecnicamente buona ed esente da imperfezioni, la zona di fusione deve essere protetta da fenomeni di ossidazione ed il metallo fuso deve essere depurato da scorie. Per evitare l'ossidazione la saldatura deve avvenire quindi in atmosfera il più possibile priva di ossigeno (inerte): a tale scopo nella zona in prossimità della saldatura devono essere aggiunte sostanze come gas, borace, silicati e carbonati, che creino una "nube protettiva" nei pressi del bagno di fusione e che permettano l'esplulsione delle scorie. Nella saldatura ossiacetilenica si produce un’atmosfera riducente, mentre la saldatura ad arco viene effettuata nell’atmosfera prodotta dalla combustione del rivestimento dell’elettrodo o sotto flusso di gas.

Il metallo di apporto può essere in forma di barrette o di filo continuo, che vengono avvicinate alla zona di fusione (saldatura a fiamma e saldatura TIG = tungsten inert gas) o costituire il vero e proprio elettrodo che si fonde a causa dell’arco elettrico che esso stesso provoca.

Saldatura eterogena o brasatura
La saldatura eterogena è comunemente detta brasatura e permette di unire le parti fondendo solo la lega di apporto e mantenendo intatti i lembi del giunto stesso. Nell'ambito della brasatura si distinguono:

- brasatura forte: temperature oltre i 450°C ma al di sotto del punto di fusione dei materiali da saldare; il giunto va preparato in modo da favorire la penetrazione del materiale di apporto per capillarità
- brasatura dolce: si effettua con temperature al di sotto dei 450°C ed al di sotto del punto di fusione dei materiali da saldare; il giunto va preparato in modo da favorire la penetrazione del materiale di apporto per capillarità


- saldobrasatura: le leghe di apporto sono leghe fondenti a temperature ancor più elevate di quelle utilizzate nella brasatura forte ma sempre inferiori al punto di fusione dei materiali da saldare; il giunto viene preparato similmente alla preparazione per una saldatura autogena.

Saldatura a punti
Detta anche saldatura puntuale (spot welding in inglese) o chiodi di saldatura, spesso realizzata tramite saldatrici ad induzione, è un tipo di saldatura a resistenza e consiste nel far combaciare le parti di materiale da saldare e nel comprimere i due pezzi mediante una macchina. Successivamente, il passaggio di energia elettrica scalda i corpi da saldare fino ad arrivare al punto di fusione in meno di 15 secondi, unendo così i due materiali da un CHIODO interno particolarmente resistente che dura nel tempo.


Saldatura per puntatura
La saldatura per puntatura, salvo quando il termine non sia utilizzato impropriamente per indicare la saldatura puntuale di cui sopra, non si riferisce ad un particolare processo di saldatura, quanto piuttosto ad un'applicazione particolare dei processi di saldatura già accennati. Si tratta di generare punti di saldatura sul perimetro dei pezzi da unire, senza creare cioè un cordone di saldatura ovvero una saldatura continua senza interruzioni, quanto realizzando molteplici punti posti a distanze più o meno regolari tra loro. Questo modo di procedere viene spesso usato per unire parti sottoposte a scarsi sforzi meccanici, o comunque tra le quali la saldatura non debba creare un giunto ermetico. Viene utilizzato tipicamente in processi di saldatura non automatizzati come imbastitura utile a tenere assieme le parti in vista di una successiva saldatura continua.


Controllo delle saldature
Le implicazioni di sicurezza collegate all'uso della saldatura, soprattutto nel campo dei recipienti a pressione e dell'ingegneria civile hanno imposto criteri sulla garanzia dell'affidabilità delle saldature. Questo controllo avviene su due fasi distinte:

Controllo del personale e del procedimento (controllo preventivo)
Controllo del giunto saldato (controllo di produzione)

Controllo e qualifica dei procedimenti di saldatura
La saldatura, nel caso che implichi problemi di sicurezza, deve essere effettuata solo da personale qualificato e utilizzando procedimenti qualificati, le norme di qualifica dei procedimenti variano a seconda del campo di applicazione ed a seconda del materiale che deve essere saldato. In particolare in ambito europeo si seguono le Euronorme EN 15614-1 per la qualifica dei procedimenti ad arco voltaico di acciai e leghe di nichel e le EN UNI 287 per la qualifica dei saldatori, mentre negli Stati Uniti si applicano le norme ASME Sect. IX.

In genere per qualificare un procedimento devono essere eseguiti dei talloni, che vengono controllati con metodi non distruttivi e da cui sono ricavati provini per prove distruttive (trazione, piegatura, resilienza, etc.)


Controllo dei giunti saldati dopo produzione
Il giunti saldati, dopo l'esecuzione, vengono sottoposti a controlli non distruttivi più o meno estesi, a seconda dell'affidabilità richiesta al giunto, inoltre per un numero prefissato di metri di saldatura o di giunti (in dipendenza dal campo di applicazione) vengono prodotti altri talloni che saranno sottoposti a prove distruttive (generalmente quelle più significative fra quelle già subite nel corso della qualifica del procedimento).

STAMPA SABBIATRICI - SALDATURA

 

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STAMPAGGIO AD INIEZIONE

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Lo stampaggio ad iniezione è un processo di produzione industriale del tipo fusione, in cui materiale liquido (materiale plastico) viene immesso in una forma permanente detta stampo, aiutato da una forza di "iniezione". Generalmente, l'iniezione avviene a pressioni elevate ed a temperature che consentono lo scorrimento del materiale "plastificato" in apposita sezione della pressa stessa. Gli appositi stampi vengono tenuti chiusi idraulicamente o meccanicamente in macchine dette presse per lo stampaggio. Le pressioni sono dell'ordine di qualche centinaio di bar e la forza (in tonnellate) necessaria per tenere chiusi gli stampi è semplicemente ricavabile dalla formula:



dove P è la pressione di iniezione in kg/cm² (per le unità di misura vedi nota [1]) ed S è la superficie dell'area frontale del pezzo da stampare (in cm²) ortogonale al piano di iniezione.

Lo stampaggio ad iniezione è ritenuto uno dei processi più economici di trasformazione delle materie plastiche. Esistono relativamente poche pubblicazioni riguardo alle tecniche di stampaggio e relative alla soluzione dei problemi. L'uso di programmi specifici quali "mold flow" consente una rapida ed economica prototipazione del prodotto, l'uso di presse veloci permette di produrre particolari anche grandi in un tempo estremamente ridotto.

Lo stampaggio ad iniezione rammenta il principio della pressofusione usata per la formatura di semilavorati o particolari dai metalli non ferrosi.

I costituenti principali delle presse per iniezione sono:

un piano fisso, cui si fissa un semistampo (normalmente il semistampo femmina)
un piano mobile, cui si fissa l’altro semistampo
un sistema di supporto e guida del piano mobile (generalmente 4 colonne a sezione cilindrica)
un meccanismo di chiusura dello stampo (generalmente una ginocchiera azionata da pistoni idraulici)
Schema di principio del sistema di iniezioneun “gruppo di plastificazione ed iniezione”, costituito da una vite senza fine contenuta in un cilindro riscaldato elettricamente, la vite ha la possibilità di ruotare intorno al suo asse (caricamento e fusione del materiale) e di spostarsi assialmente, agendo da pistone (fase di iniezione). La testa del cilindro porta un ugello che, attraverso un foro nel piano fisso della pressa è mantenuto a contatto del foro di iniezione dello stampo
una centralina oleodinamica, che fornisce l’energia per gli azionamenti. Si stanno diffondendo presse con azionamenti totalmente elettrici
un basamento di supporto
una unità di governo elettronica
La disposizione più diffusa è quella orizzontale (movimento di apertura degli stampi orizzontale), ma per lavorazioni particolari si utilizzano presse verticali. I parametri identificativi delle presse sono:

la forza di chiusura
il passaggio tra le colonne, ovvero la massima dimensione trasversale dello stampo che può essere montato
la corsa del piano mobile
la capacità, ovvero la massima quantità di materiale che può essere iniettato in ciascun ciclo
Schema di principio del processoIl ciclo macchina tipico è composto dalle seguenti fasi:

Caricamento e fusione: la vite gira aspirando il materiale (in granuli dalla dimensione variabile da 1 a circa 5 mm) da una tramoggia fissata al cilindro, il materiale, avanzando verso la testa del cilindro, fonde per effetto del riscaldamento del cilindro e dell’attrito. L'accumulo del materiale plastificato nella parte anteriore del cilindro fa arretrare la vite determinando la quantità di materiale che verrà iniettata.
Chiusura e bloccaggio dello stampo. I due semistampi vengono avvicinati velocemente in bassa pressione e a pochi decimi di distanza vengono bloccati in posizione di massima forza di chiusura.
Iniezione: alla vite viene applicata una pressione programmata e spostandosi rapidamente in avanti, come un pistone, forza il materiale fuso, attraverso l’ugello, nella cavità dello stampo.
Mantenimento in pressione: la vite continua ad essere spinta in avanti solitamente con una pressione più bassa di quella di iniezione, mantenendo la pressione sul materiale finché questo non è solidificato Rilascio della pressione della vite.

Caricamento e fusione
Eventuale attesa di raffreddamento del materiale nello stampo Apertura dello stampo ed estrazione (automatica, manuale o assistita da manipolatori esterni) dei pezzi Arretramento del gruppo iniezione (movimento opzionale) I pezzi ottenuti richiedono in certi casi operazioni accessorie come l’asportazione del materiale degli attacchi di iniezione (materozze), la sbavatura, l’esecuzione di fori ecc, ma spesso sono perfettamente finiti.

STAMPA SABBIATRICI - STAMPAGGIO AD INIEZIONE

 

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STAMPO

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Lo stampo è una matrice che viene appositamente progettata come utensile in alcuni processi di produzione industriale come lo stampaggio, la pressofusione, l'imbutitura, la schiumatura o la sinterizzazione: serve a dare la forma intermedia o finale al pezzo o materiale da lavorare.

A seconda del diverso tipo di lavorazione cambiano le caratteristiche e la tecnologia dello stampo.

Componenti generiche
Uno stampo è solitamente composto da due o più semigusci, che vanno a delimitare un'area di spazio con la sagoma del pezzo da ottenere. Gli stampi di produzione sono solitamente in acciaio bonificato (un processo termico per migliorarne le caratteristiche) o temprato, ma per particolari lavorazioni si usano anche stampi in alluminio o legno. Stampi di materiali meno resistenti, come gesso, silicone o resina vengono usati per la produzione di piccole serie per la prototipazione rapida. La vita utile di uno stampo può andare da pochi pezzi, o anche di uno solo, a centinaia di migliaia di esemplari.

Gli stampi medi e grandi sono spesso costruiti per fresatura, mentre per esemplari particolarmente piccoli, con finiture complesse o per precisioni elevatissime, nell'ordine di pochi centesimi di millimetro, si usano processi ad alta tecnologia come l'elettroerosione o la fotoincisione.

Lo stampo deve essere in genere progettato senza cavità che possano limitare l'estrazione del pezzo: in particolare vanno evitati i sottosquadra, cioè angoli di 90° o più, che di fatto rendono l'elemento stampato indivisibile dallo stampo.

Nella progettazione di uno stampo bisogna prestare particolare cura agli angoli di sformo: dato che la creazione di pareti perfettamente in asse con il movimento di estrazione potrebbe dare problemi nella rimozione dei pezzi finiti, le pareti non devono mai essere progettate verticali, ma devono avere una leggera inclinazione (1 o 2 gradi) verso l'esterno. Per esemplificare, un cilindro andrebbe trasformato in un tronco di cono per poter essere estratto senza problemi.

Gli stampi, in particolare quelli per le plastiche, possono essere riscaldati o meno: gli stampi riscaldati sono più costosi ma permettono un flusso migliore del materiale liquido nelle cavità, grazie alla viscosità ridotta. All'occorrenza possono anche essere raffreddati, nel caso sia necessario estrarre i pezzi rapidamente o non sia possibile avere una catena di produzione a carosello che sfrutti diversi elementi per rendere continua la produzione senza forzarne i tempi. Un raffreddamento troppo rapido dello stampo o un riscaldamento insufficiente possono condurre, nella lavorazione delle plastiche, a pezzi con parti mancanti o a rotture. Inoltre con il raffreddamento va previsto un ritiro del materiale, che può condurre alla rottura del pezzo.

Oltre ad avere dei canali di colata o di iniezione (dove il materiale entra nello stampo), lo stampo deve avere delle materozze (che portano il materiale alla cavità), e degli sfoghi per consentire l'uscita dell'aria.

Per stampi particolarmente complessi si possono usare elementi mobili detti spine, che si ritraggono automaticamente all'apertura dei gusci, permettendo la creazione di cavità altrimenti impossibili.

Gli stampi sono oggetti costosi, che richiedono una accurata progettazione e manutenzione, e anche settimane di lavoro per la loro costruzione. Sono strettamente vincolati al tipo di materiale per cui verranno usati, dalla cui viscosità, temperatura e caratteristiche dipendono numerose variabili.


Metalli

Lamiere

Nello stampaggio di lamiera lo stampo è costituito da un blocco d'acciaio, suddiviso in un guscio femmina e da un altro maschio (controstampo) collocati nella pressa, uno sulla base e l'altro sulla parte mobile della macchina utensile, che deformano il materiale fino ad ottenere anche con passaggi successivi (e con stampi via via leggermente diversi) la forma finale del pezzo industriale. Questo processo è noto come imbutitura. Si tratta di un'operazione molto difficile, che deve essere suddivisa in numerosi passaggi per evitare che le lamiere vengano stirate eccessivamente e quindi possano strapparsi o riportare assottigliamenti non uniformi. Per la costruzione di pezzi per il mercato automobilistico si usano stampi di grosse dimensioni, che spesso includono bordature studiate per la punzonatura delle parti da rimuovere (la cava del finestrino, ad esempio). La lavorazione delle lamiere viene spesso effettuata in modo da dare loro una struttura portante, con delle nervature e delle pieghe curve che danno solidità al pezzo. Oggi è possibile ottenere processi di lavorazione totalmente automatizzati.


Colate
Gli stampi da colata sono molto semplici, necessitando solo di alta resistenza alle temperature, di un canale di ingresso del materiale e di uno per la fuoriuscita dell'aria. Si usano per la produzione di pezzi in ferro, per la realizzazione di lingotti e di elementi grezzi per lavorazioni successive.


Pressofusioni
Per lavorazioni di elementi in metallo non ferroso e a geometria piena si possono creare degli stampi in grado di sostenere pressioni elevate. Il metallo liquido viene iniettato nello stampo e grazie alla pressione (fino a 100 megapascal) va a riempire tutte le cavità, con il risultato di ottenere una struttura più compatta e uniforme rispetto a quelle da colata. Generalmente si realizzano pezzi in alluminio da 0,05 a 50 kg di massa, ma sono possibili stampi anche di dimensioni maggiori e molto costosi. Altri materiali hanno limiti inferiori. Questo tipo di stampi richiede poca manutenzione e può arrivare a produrre centinaia di pezzi l'ora. Stampi di questo tipo arrivano a 150.000 pezzi prima di essere rinnovati.


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TENSIONE SUPERFICIALE

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La tensione superficiale (generalmente indicata con γ) è una particolare proprietà dei fluidi che opera lungo la superficie di separazione (interfaccia) tra il fluido stesso ed un materiale di un'altra natura, ad esempio un solido, un liquido o un gas. Dal punto di vista termodinamico può essere definita come il lavoro per unità di area richiesto per formare una nuova superficie. Il paracoro è una grandezza che esprime il volume molare dei liquidi corretto considerando l'effetto della tensione superficiale.

Le azioni attrattive tra le molecole di un liquido (le forze di coesione) fanno sì che le molecole dello strato superficiale siano soggette ad una forza risultante non nulla che tende a farle spostare verso l'interno; esse pertanto tendono a sfuggire dalla superficie limite del liquido e di conseguenza questa tende ad assumere la estensione minima possibile (in assenza di altre forze, la superficie minima, è quella sferica).

Le molecole sulla superficie possiedono una energia potenziale superiore a quella delle molecole all'interno del liquido, sicché se si vuole aumentare la estensione della superficie libera di un liquido occorre spendere un'energia proporzionale all'aumento di superficie.

Se il liquido viene sottoposto ad una trasformazione che alteri esclusivamente la sua superficie S, si ha una variazione dell'energia interna, ΔU, che è praticamente pari alla variazione di energia potenziale dello strato superficiale, e quindi proporzionale all'incremento ΔS della superficie. Tale variazione di energia interna (per il Primo principio della termodinamica) è in parte (Q) fornita dall'energia cinetica delle molecole dell'ambiente ed in parte (L) corrispondente ad un lavoro meccanico che deve essere fornito dall'esterno.

Si definisce tensione superficiale (o energia libera superficiale) di un liquido la quantità di lavoro richiesto per aumentare la estensione della sua superficie di una unità mantenendo costante la temperatura del sistema, cioè l'aumento di energia libera (ΔF=ΔU-Q) per unità di superficie.

Nel momento in cui si debba tenere conto di ciò che si trova al di fuori del liquido, non è più sufficiente considerare le sole forze di coesione, in quanto la presenza di un altro corpo ha influenza sui valori della tensione, nel senso che le molecole di questo svolgono anch'esse delle azioni (le forze di adesione) sulle molecole dello strato superficiale del liquido. In effetti, per ragioni del tutto simili a quelle sopra indicate, anche la superficie dei solidi possiede un'energia libera superficiale, ΔS, ma a causa della mancanza di mobilità di tale superficie questa energia libera non è direttamente osservabile, né misurabile con metodi diretti.

Quando liquido e solido vengono in contatto, quindi, a causa delle interazioni tra le differenti fasi viene a stabilirsi una tensione interfacciale definita come l'energia addizionale per unità di area dovuta alla formazione di una interfaccia (supponendo anche la presenza di un gas) solido/liquido e solido/gas.

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TITANIO

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Il titanio è l'elemento chimico della tavola periodica degli elementi che ha come simbolo Ti e come numero atomico il 22. È un metallo del blocco d, leggero, resistente, di colore bianco metallico, lucido, resistente alla corrosione. Il titanio viene utilizzato nelle leghe leggere resistenti e nei pigmenti bianchi, si trova in numerosi minerali, i principali sono il rutilo e l'ilmenite.

Caratteristiche
Il titanio è un elemento metallico che è ben conosciuto per la sua resistenza alla corrosione (quasi quanto il platino) e per il suo alto rapporto resistenza/peso. È leggero, duro, con una bassa densità (il 40% di quella dell'acciaio). Quando allo stato puro è abbastanza duttile, lucido, di colore bianco metallico. Tuttavia le leghe di titanio non sono facilmente lavorabili, e la difficoltà di lavorazione alle macchine utensili è paragonabile a quella dell'acciaio inossidabile, notoriamente il più problematico da plasmare per asportazione di truciolo. Il punto di fusione relativamente alto di questo elemento lo rende utile come metallo refrattario. Il titanio è resistente come l'acciaio ma il 45% più leggero, pesa il 60% in più dell'alluminio ma con una resistenza doppia. Queste proprietà rendono il titanio molto resistente alle forme usuali di fatica dei metalli.

Questo metallo forma una patina di ossido passivo se esposto all'aria, ma quando è in un ambiente libero da ossigeno è molto duttile. Il titanio, che brucia se riscaldato nell'aria, è anche l'unico elemento che brucia in un gas di azoto puro. Il titanio è resistente all'acido solforico diluito e all'acido cloridrico, oltre che ai gas di cloro, alle soluzioni di cloruri e alla maggior parte degli acidi carbossilici.

Esperimenti hanno mostrato che il titanio naturale diventa altamente radioattivo se bombardato con nuclei di deuterio, emettendo principalmente positroni e raggi gamma. Il metallo è dimorfico con forma alfa esagonale che diventa beta cubica molto lentamente, alla temperatura di circa 880°C. Quando raggiunge il colore rosso il titanio si combina con l'ossigeno e quando raggiunge i 550°C si combina con il cloro.

A temperatura ambiente si passiva per formazione di una patina di ossido, ad alta temperatura reagisce rapidamente con ossigeno e reagisce anche con idrogeno, azoto e alogeni. Non è attaccato dagli acidi fatta eccezione di HF che forma fluorocomplessi solubili, gli acidi ossidanti accentuano la formazione della patina passivante di ossido, neanche gli alcali acquosi a caldo lo attaccano.


Applicazioni
All'incirca il 95% del titanio viene consumato in forma di diossido di titanio (TiO2), un pigmento intensamente bianco e permanente con buona capacità coprente, nelle vernici, nella carta, nei cementi per renderli più brillanti e nelle plastiche. Le vernici fatte con il biossido di titanio sono eccellenti riflettrici della radiazione infrarossa e sono quindi usate estensivamente dagli astronomi.

A causa della loro resistenza (anche alla corrosione), leggerezza, e capacità di sopportare temperature estreme, le leghe di titanio vengono utilizzate principalmente nell'industria aeronautica e aerospaziale, anche se il loro utilizzo in prodotti di consumo quali: mazze da golf, biciclette, componenti motociclistici e computer portatili, sta diventando sempre più comune. Il titanio viene spesso messo in lega con: alluminio, ferro, manganese, molibdeno e altri metalli.

Il carburo di titanio (TiC; peso specifico 4.93; punto di fusione 2940 gradi Celsius) il nitruro di titanio (TiN; peso specifico 5.40; punto di fusione 2960 gradi Celsius) e piu' recentemenre, il derivato carbonitrurico (Ti10C7N3; peso specifico 5.02; punto di fusione 3520 gradi Celsius) sono composti altamente refrattari, inerti sotto le comuni condizioni di temperatura e resistenti all'attacco della maggior parte degli acidi minerali ed alcali.

Per tali ragioni sono impiegati nella costruzione di utensili e macchinari che possiedono parti destinate alle alte velocita' con attrito, nel rivestimento di crogioli per contenere acidi o basi molto forti e componenti di missili sottoposti a usura termica (es. ugelli).


Altri impieghi:

Grazie all'eccellente resistenza all'acqua di mare, viene usato per fabbricare parti dei propulsori marini.
Viene utilizzato per produrre gemme artificiali relativamente morbide.
Il tetracloruro di titanio (TiCl4), un liquido incolore, viene usato per ottenere l'iridescenza del vetro, e poiché emette un fumo denso nell'aria umida, viene anche usato per la fabbricazione di fumogeni.
In aggiunta ad essere un importante pigmento, il biossido di titanio viene impiegato nei filtri solari a causa della sua capacità di proteggere la pelle.
Ha la proprietà di essere biocompatibile, in quanto presenta porosità superficiale analoga a quella dei tessuti umani, per cui risulta fisiologicamente inerte. Per questo motivo la lega a base di titanio Ti6Al4V viene utilizzata nelle componenti protesiche di anca e ginocchio, e nelle protesi implantari dentarie. Tuttavia dato l'alto coefficiente di frizione non viene mai utilizzato come componente di giunzione articolare
Il suo essere inerte e la colorazione attraente lo rendono un metallo popolare per l'uso nei piercing.
Sempre per la sua bioinerzia e resistanza meccanica, in ambito sanitario è utilizzato per la fabbricazione di clips chirurgiche da sutura permanente ed in odontoiatria per la realizzazione di impianti dentari.
Il titanio viene usato per le lenti degli occhiali.
Un uso potenziale del titanio si ha per gli impianti di desalinizzazione.


Storia
Il titanio (dal latino Titans, Titani, i primi figli di Gaia) fu scoperto in Inghilterra nel 1791 dal reverendo William Gregor, che riconobbe la presenza di un nuovo elemento nell'ilmenite. L'elemento venne riscoperto molti anni dopo dal chimico tedesco Heinrich Klaproth nei minerali di rutilo. Nel 1795 Klaproth battezzò l'elemento con il nome dei Titani della mitologia greca.

Il titanio metallico puro (99.9%) venne preparato per la prima volta nel 1910 da Matthew A. Hunter tramite riscaldamento di TiCl4 con del sodio a 700-800°C.

Il metallo di titanio non venne usato al di fuori dei laboratori fino al 1946 quando William Justin Kroll dimostrò che il titanio poteva essere prodotto commercialmente tramite riduzione del tetracloruro di titanio con il magnesio (un metodo ancora in uso tutt'oggi).


Disponibilità
Un orologio rivestito in titanioIl titanio non si trova libero in natura, ma è il nono elemento per abbondanza nella crosta terrestre (0,6% della massa) ed è presente in molte rocce ignee e nei sedimenti da esse derivanti. Si trova principalmente nei seguenti minerali: anatasio, brookite, ilmenite, leucoxene, perovskite, rutilo, e sfeno nonché nei titanati e in molti minerali ferrosi. Di questi minerali solo l'ilmenite, il leucoxene e il rutilo hanno un'importanza economica significativa. Significativi depositi di minerali di titanio si trovano in Australia, Scandinavia, Nord America e Malesia.

Poiché il titanio metallico puo' bruciare in atmosfera pura di azoto ed alle alte temperature reagisce facilmente con l'ossigeno e il carbonio, è difficoltoso preparare il metallo di titanio puro. Il metallo si trova nei meteoriti ed è stato rintracciato nel Sole e nelle stelle di tipo M. Le rocce portate dalla Luna durante la missione Apollo 17 erano composte per il 12,1% di TiO2. Il titanio si trova inoltre nelle ceneri di carbone, nelle piante ed anche nel corpo umano.


Produzione
Il metallo di titanio si produce commercialmente tramite riduzione di TiCl4 con il magnesio, un processo sviluppato nel 1946 da William Justin Kroll, e dal processo Hunter, analogo al processo Kroll ma effettuato con sodio metallico. Questo processo è complicato e costoso, ma un nuovo procedimento, chiamato metodo "FFC-Cambridge" potrebbe rimpiazzarlo. Questo nuovo metodo usa come materiale di base la polvere di diossido di titanio (che è una forma raffinata di rutilo) per ottenere il prodotto finale, un flusso continuo di titanio fuso adatto all'utilizzo immediato per la manifattura di leghe.

Si spera che il metodo FFC-Cambridge renderà il titanio un materiale meno raro e costoso per l'industria aerospaziale e il mercato dei beni di lusso, e che verrà impiegato in molti prodotti attualmente fabbricati con alluminio o acciai speciali.

STAMPA SABBIATRICI - TITANIO

 

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TORNITURA

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La tornitura è un processo di produzione industriale ottenuta per asportazione di truciolo. La tornitura viene definita da un moto rotatorio del pezzo e un moto per lo più rettilineo dell'utensile (nella fresatura e nella foratura l'utensile possiede invece un moto rotatorio). Il tagliente dell'utensile penetra nel materiale del pezzo e ne stacca la parte in eccesso (sovrametallo) formando così un truciolo. La macchina utensile usata per la tornitura è il tornio.

La tornitura viene utilizzata ampiamente nella lavorazione di metalli, ma anche per legno e pietra. Gli aspetti descritti nel seguito si riferiscono soprattutto alla realizzazione di pezzi in metallo.


Tipi di tornitura
Secondo la superficie che si vuole ottenere, la tornitura viene suddivisa in:

tornitura piana (o sfacciatura): superfici piane perpendicolari all'asse di rotazione del pezzo tornitura conica: superfici coniche tornitura cilindrica: superfici cilindriche coassiali con l’asse di rotazione del pezzo tornitura elicoidale: superfici elicoidali, p.e. l’esecuzione di filettature sul tornio tornitura di forma (o profilatura): superfici di contorni complessi Secondo la posizione dell'utensile si distingue in:

tornitura esterna: lavorazione della parte esterna del pezzo tornitura interna: lavorazione della parte interna di un pezzo cavo Secondo il grado di finitura la lavorazione viene chiamata:

sgrossatura: prime fasi di lavorazione finitura: ultime fasi di lavorazione Se l'utensile penetra nel pezzo si ha la tornitura a tuffo e se l'utensile toglie il pezzo finito dal resto del materiale (barra non lavorata) si parla di troncatura. Qualche volta il pezzo si stacca troppo presto mantenendo un resto di materiale non tornito chiamato testimone.

Nella tornitura a copiare, un'attrezzatura con un tastatore viene fatta scorrere su una sagoma, trasmettendo il proprio moto all'utensile che in tal modo ne riproduce il profilo sul pezzo. Nella tornitura con utensile di forma (o tornitura a profilo costante) viene utilizzato un utensile con un profilo sul tagliente che riproduce un negativo del proprio profilo sul pezzo.

Il pezzo può anche essere fissato in modo eccentrico per tornire parti eccentriche, ad esempio le superfici cilindriche di un albero a gomito.


Utensili da tornio
A seconda della loro composizione i materiali per utensili si possono classificare in:

acciai al carbonio e acciai debolmente legati da utensili : ovvero acciai semplici al carbonio e acciai al carbonio debolmente legati, con percentuale di carbonio variabile da 0,90% a 1,30%;presentano elevata durezza HRC(65-70) a freddo, che una volta oltrepassati i 200° diminuisce bruscamente.
acciai rapidi e superrapidi : hanno una composizione chimica che comprende tungsteno,cromo,vanadio e molibdeno oltre al carbonio contenuto nella percentuale variabile da 0,7% a 1,5%. Manganese e silicio sono contenuti in percentuali inferiori allo 0,5% mentre nei superrapidi si ha la presenza dal 4% al 12% (max 20%) di cobalto.
leghe fuse di cobalto: le leghe fuse (o stelliti) non sono acciai, perché contengono ferro in quantità limitata. Le proprietà delle leghe fuse sono l'elevatissima durezza (HRC=65-70) mantenuta anche a temperatura elevata e la scarsa resilienza.
carburi metallici sinterizzati e carburi metallici rivestiti : noti anche come metalli duri, vengono prodotti con la tecnologia della metallurgia delle polveri. Sono caratterizzati da elevata durezza (HRC=78) mantenuta anche a caldo, da una grande resistenza a compressione. Le principali caratteristiche negative sono la bassa resistenza a trazione, flessione e fatica, oltre alla bassa resilienza. Permettono di raggiungere una produzione oraria elevata, di lavorare materiali durissimi, e ai suddetti difetti si rimedia facilmente.
materiali ceramici : chiamati anche cermet, sono ottenuti mediante metallurgia delle polveri, e sono costituiti essenzialmente da allumina (90-99%) e da altri metalli o ossidi o carburi. Seppur dotati di eccezionali proprietà di durezza sia a freddo che a caldo, sono molto fragili e vanno quindi utilizzati con appropriati parametri di taglio
nitruro di boro cubico (CBN) : usato per produrre utensili per la prima volta verso il 1970, il nitruro di boro cubico è un materiale di elevatissima durezza e resistenza all'usura. Adatto specialmente per lavorazioni di finitura di materiali duri, come acciai temprati,acciai da utensili ecc.
diamante :permette di utilizzare velocità di taglio elevatissime (1000-6000 m/min), lavorare per moltissimo tempo senza usurarsi e ottenere superfici a specchio.

Gli utensili utilizzati possono essere interi (ovvero composti da un unico materiale, ad esempio acciaio rapido temprato) o di riporto (composti da più materiali).

In questo secondo caso solo la parte attiva dell'utensile, la testa di taglio, consiste di un materiale duro, come un metallo duro (i cosiddetti widia), allumina, nitruro di boro o diamante; la parte passiva dell'utensile, lo stelo, viene costruito utilizzando materiali tenaci e più economici, come l'acciaio.

Il tagliente può essere fissato sullo stelo tramite saldatura, tramite brasatura dura con leghe di rame o argento (utensili brasati) oppure tramite un sistema di fissaggio meccanico con una vite, staffa o leva (portainserti). Oggi vengono utilizzati per lo più portainserti con inserti a forme standardizzate, in modo da poter sostituire un inserto eccessivamente usurato o rotto riutilizzando il medesimo portainserti.


Tagliente di riporto
Il tagliente di riporto consiste in strati di materiale in lavorazione sovrapposti, depositati in prossimità del tagliente.

Durante il taglio dei metalli, e quindi anche nel processo di tornitura, si possono formare a causa delle elevate pressioni e temperature che si vengono a creare tra il truciolo e il petto dell'utensile, piccole particelle metalliche che si saldano al petto dell'utensile; si forma così un caratteristico cappuccio chiamato tagliente di riporto. Si crea con condizioni di velocità di taglio basse e medie, quando il materiale tende ad incrudirsi; si forma sia con truciolo continuo che discontinuo.

La massa di metallo formatasi è più dura del pezzo in lavorazione, e provoca numerosi inconvenienti alla lavorazione in corso:

l'angolo di taglio β subisce una variazione, con effetti negativi sulla potenza assorbita
l'angolo di spoglia superiore effettivo γ′ risulta minore di quello γ misurabile in sua assenza: questo porta ad un aumento dello sforzo di taglio e ad un minore raggio di curvatura del truciolo
la finitura superficiale dei pezzi lavorati peggiora
il tagliente di riporto tende ad aumentare fino a rottura, e i frammenti che ne conseguono vanno a depositarsi sia sul truciolo che sulla parte lavorata creando delle zone dure
il tagliente di riporto staccandosi produce delle vibrazioni dannose che peggiorano ulteriormente la finitura superficiale dei pezzi.
La formazione del tagliente di riporto comporta anche un vantaggio: protegge il tagliente e il petto dell'utensile, ciò comporta un aumento della loro durata. La formazione del tagliente di riporto si evita impiegando nelle operazioni di taglio degli appropriati oli, e lavorando a una velocità di taglio superiore a un certo limite.


Rompitruciolo e avvolgitruciolo
Durante le operazioni di tornitura, soprattutto nelle lavorazioni di alluminio e acciaio dolce, si forma un truciolo continuo che può provocare danni al tagliente e pericoli per l'operatore. Questo non vale per lavorazioni effettuate tramite utensili in acciaio superrapido, perché la bassa velocità di taglio permette di controllare lo svolgimento del truciolo. L'inconveniente viene eliminato adottando una delle due seguenti strade:

Avvolgitruciolo : il truciolo, mediante un invito realizzato sul petto dell'utensile, si avvolge strettamente su se stesso e successivamente si allontana.
Rompitruciolo : il rompitruciolo viene sempre realizzato sul petto dell'utensile e consiste in un gradino contro il quale va a sbattere il truciolo rompendosi.

STAMPA SABBIATRICI - TORNITURA

 

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TURBINA

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Teoria e caratteristiche operative
La tipologia più semplice di turbina prevede un complesso chiamato stadio, formato da una parte fissa, detta distributore o statore, ed una parte mobile, girante o rotore. Il fluido in movimento agisce sulla palettatura della parte rotorica, mettendola in rotazione e quindi cedendo energia meccanica al rotore.

I primi esempi di turbina furono i mulini a vento e le ruote idrauliche.

Una turbomacchina che viceversa cede lavoro al flusso viene detta compressore o pompa, a seconda del fluido elaborato (gas per il compressore, liquidi per la pompa).

Quasi tutti i tipi di turbina hanno inoltre una 'cassa' (detta anche parte statorica o voluta) attorno alla parte rotorica che ha il compito di indirizzare e controllare il flusso. Tale parte può variare molto a seconda delle applicazioni o delle condizioni del flusso.

L'energia del fluido viene resa disponibile grazie alla rotazione dell'albero della turbina.

Tale energia cinetica è calcolabile con la formula , dove m è la massa di liquido che batte sulla turbina e v la relativa velocità.

Nella formula si inserisce la componente normale della velocità finale in un punto prossimo alla turbina; la componente tangenziale (orizzontale) non produce lavoro meccanico né energia. L'acqua subisce un incremento di velocità nel passaggio lungo la condotta, che ai fini del calcolo è un piano inclinato che separa il bacino dalla turbina.

La velocità iniziale del liquido in uscita dal bacino superiore è calcolabile con la legge di Torricelli.

La velocità di fine corsa del fluido, con cui batte sulla turbina, è pari a:




dove l è la lunghezza della condotta forzata, e θ è l'angolo di incidenza fra la condotta forzata e la turbina. La velocità è calcolata con la formula che serve per descrivere il moto di un oggetto lungo un piano inclinato.

L'energia cinetica del corpo può essere quindi espressa come:

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